una spumeggiante allegria
È pieno di allegria il Don Quixote del Balletto di Siena andato in scena al Teatro Verdi di Firenze e non poteva essere altrimenti vista la scelta del direttore Marco Batti di riallestire l’omonimo archetipo di Petipa del 1871 su xmusica di Minkus e la versione firmata da Gorsky nel 1900. Una doppia ripresa e una contaminatio con cui il Balletto di Siena ripropone un classico per eccellenza e registra ad ogni rappresentazione il sold out. Un successo che è la riprova di quanto il pubblico apprezzi il balletto classico, ami le sognanti atmosfere intrise di realismo, ammiri le cangianti messinscene e, last but non least, si compiaccia dei virtuosismi della dans d’école.
Il balletto, diviso in tre atti e un prologo, è ispirato al capolavoro di Cervantes e racconta la rocambolesca storia d’amore tra la bella Kitri e il barbiere Basilio, contrastata con ogni mezzo dal padre di lei, l’oste Lorenzo, che la vuole dare in sposa al ricco Gamache. In tutta questa vicenda l’ingenuo hidalgo Don Chisciotte e il furbo scudiero Sancho Panza costituiscono il filo conduttore della narrazione e aiutano i due innamorati a convolare a nozze dopo non poche peripezie.
Vero e proprio balletto “a schidionata” per il rutilante incalzare delle azioni sceniche, dei balli, delle variazioni accademiche e dei passi a due, questo Don Quixotte del Balletto di Siena rispetta le caratteristiche del ballet d’action ottocentesco e lodevole è l’impegno della compagnia e del direttore Batti nella resa integrale di un titolo pieno di insidie eppure stimolante nella mise en scene. Una messinscena caratterizzata dalle variopinte scenografie di S.I.R.T. S.r.l., arricchita dai vaporosi costumi di Jasha Atalier e Natalia Dolyk ed esaltata dalle calde luci di Giovanni Monzitta.
Il tratto caratteristico di questa produzione è la generosità dei suoi interpreti che si impegnano al massimo nella realizzazione dello spettacolo da cui traspare uno scrupoloso lavoro d’insieme curato da Batti. Un direttore che guida e forgia l’intera compagine all’insegna della versatilità grazie a un repertorio che spazia dal classico, al neoclassico al contemporaneo. E Don Quixote rappresenta una vera e propria sfida e denota il coraggio di una compagnia che, dopo l’allestimento ridotto del 2019, con entusiasmo si cimenta di nuovo in questo balletto, questa volta completo, e lo fa suo.
Il prologo vede il gentiluomo spagnolo, che si ritiene l’erede dei cavalieri medievali, intento a sognare Dulcinea, la dama per la quale combatterà le sue battaglie. Il suo sogno viene interrotto da Sancho che sta fuggendo e Don Chisciotte, per salvarlo, lo nomina suo scudiero e insieme partono per improbabili avventure cavalleresche.
Nel primo atto ci troviamo nella piazza del paese in cui Lorenzo, Gamache, Kitri e Basilio danno vita ad una realistica pantomima interrotta dalle danze delle amiche e degli amici dei protagonisti, dall’arrivo del torero Espada con i suoi matadores e da quello di Don Chisciotte e Sancho Panza che vengono presi in giro dalla gente del villaggio. Il nobile cavaliere conosce Kitri nella locanda di Lorenzo e ne resta affascinato ravvisando in lei i tratti della sua Dulcinea. Così la invita a ballare un minuetto e decide di difenderla dai propositi del padre e dalle mire di Gamache che, furiosi, non accettano questa interferenza. Nella confusione Kitri e Basilio scappano inseguiti da Don Chisciotte e da Sancho.
Nel secondo atto il realismo della prima parte, tra mulini a vento e zingari, cede il passo all’onirismo della seconda tra Driadi, le ninfe dei boschi, e il giardino incantato. Kitri e Basilio infatti si imbattono in un campo di nomadi e nel riallestimento coreografico di Batti la scena petipatiana del teatro di marionette, che racconta il contrastato amore dei due, è sostituita da un animato gioco di carte tra zingari. Plateale è l’arrivo di Don Chisciotte e Sancho, accorsi per difendere gli innamorati, e lo spavento dell’hidalgo difronteai loschi figuri e ai mulini a vento mette in moto la fantasia del cavaliere errante che sogna di trovarsi in un giardino incantato. Qui, accompagnato da Cupido, incontra la Regina della Driadi che lo conduce da Dulcinea, nelle sembianze di Kitri, alla quale dichiara il suo amore eterno.
Il realismo torna prepotentemente nel terzo atto con Kitri e Basilio che sono alle prese con Lorenzo, deciso più che mai a maritare la figlia con Gamache. Disperato, Basilio gioca il tutto per tutto e simula il suicidio, mentre Kitri chiede l’aiuto di Don Chisciotte per costringere Lorenzo a benedire i due innamorati, prima che la morte li separi per sempre. All’improvviso Basilio, una volta ottenuta la benedizione, resuscita svelando l’inganno e lasciando in preda alla rabbia Lorenzo e Gamache che ritengono Don Chisciotte responsabile della macchinazione ai loro danni. L’amore ha vinto e Don Chisciotte con il suo fido Scudiero riparte in cerca di nuove avventure.
In questa fabula piena di spumeggiante allegria convincente è il Don Quixote di Davide Internullo, tutto perso nel suo mondo cavalleresco, e lo stesso dicasi di Sancho Panza di Mirco Badalassi, furbo e fidato al tempo stesso, mentre Lorenzo e Gamache, rispettivamente di Roberto Venturini e Gianmarco Massaro, si distinguano per la caratterizzazione teatrale dei personaggi.
Elena Badalassi, nel doppio ruolo di Mercedes e di Cupido, è una ballerina dalla forte tecnica e dal versatile piglio interpretativo; il Primo ballerino Filippo Del Sal è un Espada sanguigno ed elegante e di impatto è la scena del suo arrivo in rosso, alla testa dei suoi sei Matadores, e il fandango ballato con Elena.
Stella Boduri e Alice Saviotti sono più a loro agio come amiche di Kitri che come Driade la prima e Regina delle Driadi la seconda, mentre zingaresca al punto giusto è la coppia formata dai Solisti Ciro Napolitano e Matilde Campesi e piacevole è il sestetto delle damigelle.
La Prima ballerina Chiara Gagliardo è una Kitri briosa, sicura nei virtuosismi di Kitri ed eterea nei passi di Dulcinea.
Il Primo ballerino Giuseppe Giacalone, dall’allure del danseur noble, è un attento porteur di Chiara e se nel primo atto energiche sono le sue prese che innalzano Chiara alle stelle e lei, con studiata nonchalance, esegue la sfavillante variazione delle nacchere, è nel grand pas de deux terzo atto che entrambi sfoderano il meglio della scuola accademica. Basilio sciorina sautés, tours en l’air, manèges, Kitri gli tiene testa nella virtuosistica variazione del ventaglio e nei fouettes all’italiana, fino a che il flying fish o pas de poisson li vede uniti e affiatati.E fra i due in questa lunga ‘tenzone’ è Kitri ad apparire più ravissante e indomita.
Il Corpo di Ballo in generale si dimostra all’altezza anche se il comparto femminile nella scena delle Driadi evidenzia alcune incertezze nell’esecuzione dei passi, non sempre accurati e puliti come richiesto dal nitore del quadro adamantino.
Alla fine calorosi sono gli applausi per questo Don Quixote del Balletto di Siena di Marco Batti. Una sfida vinta dall’organico e dal suo ‘capitano’.
Scritto da Gabriella Gori su DanzaSi